Verona: in manette 4 nomadi dell'arancia meccanica
Bastava uno sguardo, anche involontario, oppure avere la sfortuna di incontrarli durante uno dei loro raid, per scatenare la violenza brutale e immotivata della banda che per alcuni mesi ha terrorizzato i cittadini di Verona.
Gli uomini della Squadra mobile scaligera hanno individuato sei degli otto componenti del gruppo, riuscendo ad arrestarne quattro, mentre altri due sono ancora ricercati.
Si tratta di nomadi appartenenti all'etnia Sinti, tutti residenti in un campo attrezzato della città. Le accuse nei loro confronti sono di lesioni plurime aggravate e tentato omicidio.
Almeno tre gli episodi di "ultraviolenza" stile arancia meccanica attribuiti alla gang, con sei vittime finite all'ospedale per le botte ricevute, apparentemente senza nessun movente.
Le prime due aggressioni risalgono al 19 febbraio scorso.
Un ragazzo è stato assalito e picchiato selvaggiamente appena uscito dalla palestra, ma nonostante fosse malconcio, è riuscito a sottrarsi alla furia e a fuggire scavalcando un cancello.
Evidentemente non soddisfatto, il branco si è messo a caccia di altre vittime, trovandole in tre amici che stavano chiacchierando davanti a un bar.
Uno dei tre è stato brutalmente assalito mentre stava andando alla sua macchina, e quando gli altri due hanno tentato di soccorrere e difendere il loro amico, hanno ricevuto anch'essi una scarica di pugni, calci e bastonate. Un altro ha ricevuto un colpo alla testa con una mazza da golf, che nell'impatto si è addirittura spezzata. Per il malcapitato prognosi riservata per "affondamento della scatola cranica sinistra", che ha reso necessario un lungo e complesso intervento chirurgico con l'applicazione di placche metalliche. Prognosi di 40 giorni per i suoi compagni di sventura.
Il terzo episodio risale al 10 marzo, quando il gruppo di violenti ha preso di mira un 61enne che ha avuto la sfortuna di affiancarli ad un semaforo rosso. Sono scesi in quattro e l'uomo, preso dal panico, si è chiuso nella sua macchina, che ha resistito ai calci e pugni sferrati dai nomadi nel tentativo di aprirla. Dopo alcuni tentativi uno degli aggressori ha preso una grossa chiave inglese e ha sfondato il lunotto colpendo anche la vittima, che subito dopo è stata massacrata di botte; uno dei pugni gli ha provocato una frattura orbitale e 60 giorni di prognosi.
Un ragazzo nigeriano che aveva assistito alla scena, ha provato a intervenire in difesa del malcapitato, ma proprio in quel momento è arrivata un'auto con altre quattro "bestie" che si sono unite agli altri, lasciando a terra malconcio anche il soccorritore.
Inizialmente gli investigatori della Mobile non riuscivano a indirizzare le indagini nel giusto verso, poi, grazie all'analisi dei racconti dei testimoni e da un particolare elemento presente su una delle auto utilizzate per i raid, gli agenti hanno fatto luce sulla vicenda, arrivando al campo nomadi.
A quel punto è bastato mostrare alle vittime le foto dei sinti residenti nella struttura che sei degli otto appartenenti alla banda sono stati riconosciuti e individuati.