Borsellino, la vita per un ideale, un ideale per la vita

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Il giudice Paolo Borsellino

"Il 19 luglio di quattordici anni fa avevo 21 anni. Ero uno studente universitario e di notte sognavo ciò che il pomeriggio di quel giorno, inesorabilmente, si verificò", racconta sulla terza rete Rai Manfredi Borsellino, figlio di Paolo.

E quello che si verificò scrisse una delle pagine più nere della storia contemporanea del nostro Paese: l'attentato che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e a cinque poliziotti della sua scorta, neanche due mesi dopo la strage di Capaci. Quella che gli italiani credevano - con la morte di Giovanni Falcone - rappresentasse il culmine della violenza, dell'arroganza e dell'attacco della mafia allo Stato, non era ancora l'apice della follia criminale: anche Borsellino fu colpito, e con lui tutta la società civile.

Manfredi Borsellino oggi è un funzionario della Polizia di Stato e ricorda anche quello che successe dopo il sogno premonitore. "Un silenzio assordante - dice - dopo un attentato nel cuore della mia città: fumo, sirene, corpi dilaniati". E poi il "silenzio surreale". "Quello stesso silenzio - ricorda Manfredi Borsellino - che mi accompagnò fino all'arrivo in via D'Amelio, quando il corpo, o ciò che ne era rimasto, di mio padre e dei suoi agenti di scorta era stato già rimosso".

Manfredi chiude così il ricordo del padre: "Ho perso un padre perché, nonostante tutte le avversità, ha svolto sino alla fine nient'altro che il suo dovere di magistrato e servitore dello Stato. Sono orgoglioso e onorato di esserne il figlio". E noi orgogliosi e onorati di essere stati rappresentati da un magistrato capace, onesto e tenace come lui.

18/07/2006
(modificato il 20/12/2007)
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