Bari: risolto cold case dopo 7 anni

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La Polizia di Stato  di Bari ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere,  nei confronti di un pregiudicato  ritenuto responsabile dei reati di omicidio, riduzione in schiavitù, occultamento e vilipendio del cadavere della cittadina polacca SZLEZAK Malgorzata detta “Margherita”, assassinata nel 2012, all’età di 50 anni.  Le indagini sono state avviate il 10 maggio 2017, allorquando, nelle “ex acciaierie Scianatico” (via Ammiraglio Caracciolo, Bari), all’interno del vano tecnico dell’ultimo piano di un edificio in disuso, venne rinvenuto un cadavere completamente scheletrito, coperto da assi e cassette di legno, quasi a formare una “bara”. I resti erano avvolti, in tutto la loro lunghezza, da nastro adesivo e presentavano intorno alle ossa del polso due braccialetti, il primo in cotone, multicolore, ed il secondo in plastica verde con la scritta “Coca Cola UEFA Euro 2012”. In ultimo, sotto le ossa del bacino vi era un reggiseno in tessuto chiaro, non agganciato. In fase di sopralluogo, in alcune stanze del secondo piano dell’edificio, furono rinvenuti numerosi capi di abbigliamento, soprattutto femminili, alimenti e masserizie varie, tanto da far presumere che la struttura fosse stata abitata da soggetti senza fissa dimora ed è in tale ambito che vennero svolte specifiche attività,  rese ancora più incisive a seguito dei risultati dell’esame autoptico che stabilì che i resti scheletrici erano appartenuti ad una donna, deceduta in epoca di poco successiva al mese di giugno del 2012, a causa di uno “shock traumatico ad alta componente emorragica, nel corso ed a causa di una violenta ed efferata aggressione”.  L’avvenuta consapevolezza di essere di fronte ad un efferato omicidio risalente a cinque anni prima, determinò l’esigenza di costituire un gruppo di lavoro tra la Squadra Mobile Sezione Reati Contro la Persona e l’Unità Delitti Insoluti, con personale del Servizio Centrale Operativo e del Servizio di Polizia Scientifica, della Direzione Centrale Anticrimine. Le attività investigative furono orientate, sin da subito, all’identificazione della vittima. La presenza di alcune scritte su due porte d’ingresso alle stanze del secondo piano, indusse gli inquirenti ad acquisire e valutare tutti gli interventi eseguiti dal personale medico del 118 e dalle Forze dell’Ordine, nel quartiere Fesca – San Girolamo, alla ricerca di senza fissa dimora con quei nomi di battesimo. Venne accertato che la cittadina polacca, in ultimo identificata compiutamente (attraverso il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia) in Szlezak Malgorzata, nata il 29.5.1962 a Dabrowa Gornicza (Polonia), conosciuta tra i senza tetto con il nome di “Margherita”, in più occasione aveva beneficiato, sino al mese di maggio del 2012, di una pluralità di interventi del 118, nonché da parte della Polizia di Stato. L’ipotesi investigativa che i resti umani potessero appartenere in vita a Szlezak Malgorzata trovavano ulteriore e definitiva conferma nei risultati di genetica forense che a seguito della tipizzazione del profilo genetico dello scheletro, eseguì la comparazione con il campione biologico estratto da un tampone eseguito sulla Szlezak Malgorzata a seguito di una violenza sessuale subita il 24 maggio 2009. Sui muri dei locali vennero, inoltre, rinvenute altre scritte il cui contenuto apparve decisamente raccapricciante se messe in relazione al rinvenimento del cadavere. “Mi dispiace chi sbaglia paga – mi ami ma devo morire” “Tu muori qua”. Tali scritte furono sottoposte ad un raffronto grafico che, oltre ad attribuirne incontrovertibilmente la paternità al pregiudicato, determinavano ulteriormente la sua presenza all’interno dell’appartamento. Dalla ricostruzione eseguita emerse che la relazione tra la vittima ed il suo assassino risaliva al settembre/ottobre 2011. Inizialmente ospiti del campo di accoglienza della Croce Rossa Italiana di via di Maratona, i due occuparono poi abusivamente uno stabile abbandonato in via Beltrani e, dopo il suo sgombero, trovarono rifugio nei locali delle ex acciaierie, tenendo nascosto a tutti quest’ultimo domicilio.  Vennero anche  svolte attività tecniche di intercettazione sia ambientale che telefoniche ed escussi i numerosissimi soggetti che nel corso del tempo avevano avuto contatti con la coppia. Essi confermarono l’insano rapporto, basato su violenze, vessazioni ed un totale isolamento della donna, sfociato poi nell’efferato omicidio. Dalle dichiarazioni di alcuni testi emerse inoltre che subito dopo la “scomparsa” di Margherita, il pregiudicato aveva messo in atto una vera e propria attività di depistaggio, riferendo a tutti che la sua compagna era rientrata improvvisamente in Polonia, fornendo anche talune motivazioni, successivamente smentite, per rendere più credibile l’improvvisa scomparsa. Gli immediati approfondimenti eseguiti avevano sconfessato quanto asserito dall’omicida e ripetuto a più riprese ai suoi conoscenti, atteso che in detto periodo la vittima era già deceduta; contestualmente, gli stessi amici di Margherita avevano fornito agli inquirenti le diverse versioni fornite dal pregiudicato sulla partenza della donna. In tale contesto, emersero altresì delle importantissime captazioni ambientali dalle quali  si riuscì a dimostrare che l’indagato in compagnia di un suo amico aveva bruciato gli  abiti della povera Margherita, nel vano tentativo di sottrarre utili elementi probatori a suo carico. Gli elementi così acquisiti dal gruppo investigativo della Polizia di Stato hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere dal Giudice per le Indagini preliminari l’odierna misura cautelare.

23/12/2019
(modificato il 01/01/2020)
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