Antimafia: condannati a morte dal carcere

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autovettura della polizia durante un'operazioneOgni giorno poteva essere quello "buono" per mettere a segno due attentati mafiosi che prevedevano l'uccisione dell'ex sindaco di Gela Rosario Crocetta, oggi parlamentare europeo, e di una cugina del magistrato del tribunale di Caltanissetta, Giambattista Tona. Ma gli uomini della squadra mobile locale hanno eseguito 5 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti del clan mafioso Emmanuello, sventando così i due imminenti omicidi.

Gli uomini raggiunti dai provvedimenti restrittivi erano, tra l'altro, già in carcere e da lì continuavano - come hanno dimostrato le indagini - a gestire le attività illecite del clan organizzando attentati e rivendicazioni.

Le uccisioni pianificate volevano essere una vendetta degli uomini della "stidda" nei confronti di due persone che ritenevano nemiche; il magistrato era "colpevole" di aver condannato alcuni affiliati e di essere, attualmente, giudice dell'udienza preliminare in un importante processo a carico di tutto il gruppo. Per intimorirlo e lanciargli un pesante avvertimento i detenuti avevano deciso di uccidere la cugina che loro, vista la somiglianza, credevano fosse la sorella. La sua sentenza di morte era uscita dal carcere attraverso un pizzino nascosto in un pacchetto di fazzolettini di carta.

L'ex sindaco di Gela, Rosario Crocetta, doveva invece scontare il suo impegno istituzionale contro la mafia e la sua attività continua contro il clan: tre anni fa aveva anche licenziato la moglie del boss e negato un alloggio popolare alla famiglia Emmanuello. Per questo motivo già da tempo era nel mirino delle cosche gelesi.

L'operazione, denominata "Extrema ratio", che ha portato - oltre ai 5 arresti - anche alle denuncia di altre 4 persone, sempre detenute, è stata possibile grazie alle indagini condotte dalla Squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo. Ma a dare il via alle indagini era stata la lettera di un detenuto nisseno che rivelava le intenzioni del gruppo mafioso. Così grazie alle dichiarazioni di un altro pentito e alle intercettazioni telefoniche si è giunti ai risultati di ieri.

20/01/2010
(modificato il 22/01/2010)
Parole chiave:
mafia - pizzini