Sfruttava l'azienda per produrre criptovalute, denunciato dalla Postale

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Aveva escogitato un sistema per fare soldi sfruttando le risorse informatiche della società presso la quale lavorava utilizzandole per produrre criptovalute. L’uomo ha approfittato del suo impiego come tecnico presso la Sacal Spa, società che gestisce gli aeroporti calabresi, per installare un malware che gli consentisse di controllare da remoto una infrastruttura informatica abusivamente collegata ai server dell’azienda, per produrre moneta virtuale.

Il produttore di queste valute elettroniche viene definito “minatore”, e il suo dispositivo diventa una sorta di miniera che, in collaborazione con altri minatori della Rete, contribuisce alla ricerca del “blocco” di valuta e alla sua estrazione. Questi minatori spesso si riuniscono in “pool” per lavorare insieme sull’estrazione della moneta elettronica, ottenendo pagamenti più stabili e frequenti.

In particolare il tecnico aveva installato cinque potenti elaboratori elettronici, definiti tecnicamente “Mining Rig” (in inglese: impianto di perforazione), che, insieme, costituivano una “Mining farm” (fattoria di estrazione) attraverso la quale veniva creata la criptovaluta “Ethereum”.

CriptovalutaQuesto procedimento richiede ingenti spese di energia elettrica, necessaria al funzionamento quotidiano e ininterrotto delle apparecchiature, collegate alla rete Internet esterna attraverso i sistemi dedicati alla gestione dei servizi aeroportuali, che rimanevano così esposti, compromettendo notevolmente la sicurezza dello scalo.

L’attività investigativa della Polizia postale di Reggio Calabria e Catanzaro, svolta in collaborazione con il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic), ha preso il via su input della Polizia di frontiera, a sua volta sollecitata dei tecnici della Sacal, che erano stati allarmati da alcune anomalie sui sistemi informatici della rete tecnologica aeroportuale.

Gli specialisti della Postale, con la collaborazione delle autorità aeroportuali, hanno analizzato la rete informatica dell’hub, scoprendo la presenza, in due differenti locali tecnici, della “Mining farm”, che permetteva all’indagato di produrre la criptovaluta senza sostenere alcun costo da parte sua.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, ha permesso di individuare ed esaminare gli indirizzi ip delle macchine installate, di identificare il sito del Pool “Ethereum” e di monitorare tutta la struttura, documentando, attraverso servizi di osservazione ed appostamenti, svolti anche con telecamere nascoste, l’attività del 41enne dipendente della Sacal.

L’uomo è stato denunciato e tutte le apparecchiature elettroniche abusivamente installate sono state sequestrate.

30/10/2020