Boris Giuliano: in ricordo di lui e della sua “;squadra”;

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Boris GiulianoSono le 8,10 del 21 luglio 1979 quando arriva la notizia: "Attenzione. Per tutti. Sparatoria. Via Di Blasi, bar Lux". Le notizie si susseguono in modo concitato finché non arriva quella definitiva: "Centrale, la vittima era armata. Un attimo, un attimo … È il dottor Giuliano. Ripeto: hanno ammazzato Boris Giuliano". A raccontare com' è arrivata, dalla radio della questura, la notizia della morte del capo della Squadra mobile di Palermo è Daniele Billitteri nel libro "Boris Giuliano , la squadra dei giusti".

L'autore - dagli anni '70 cronista all' "Ora" di Palermo e poi al "Giornale di Sicilia" - all'epoca passava la maggior parte del suo tempo in questura a cercare notizie. "Questo libro" scrive Billitteri "vuole raccontare la storia di Boris Giuliano uomo e poliziotto, e di quelli che erano con lui nella Squadra. Quelli che alla fine si arrabbiarono". Ma anche quelli che lui conosceva bene perché cresciuto in mezzo a loro. "Abbiamo mangiato insieme, abbiamo visto bei film sullo schermo e brutti film per le strade insanguinate, abbiamo riso e cantato insieme" scrive. E per sottolineare che questo suo libro "non sarà obiettivo" ribadisce: "ho portato le bare di alcuni di loro sulle spalle e ho negli occhi i volti delle vedove e degli orfani". È così che Daniele Billitteri, racconta in più di duecento pagine i 10 anni di Boris Giuliano a Palermo. Un poliziotto che solo dopo 3 anni era già il nemico numero uno di Cosa Nostra e che portò in Sicilia nuovi metodi, nuove strategie e un nuovo approccio alla lotta alla mafia.

"Nessuna mafia può ammazzarli tutti"

Il libro è fatto soprattutto di ricordi e corredato da un inedito inserto fotografico che ritrae Giorgio Boris Giuliano (questo il suo nome completo) in numerosi momenti della sua vita personale e professionale. A ricordarlo oltre al giornalista e ai colleghi, ci sono tra gli altri il figlio Alessandro Giuliano - anche lui poliziotto e oggi capo della Squadra mobile di Venezia - i fratelli e la moglie Ines Maria Leotta. La signora Giuliano parlando del marito dice: "Giorgio (così lo chiamavano a casa ndr) era convinto di fare semplicemente il suo lavoro cui dedicava tempo, intelligenza, soddisfazione. … La speranza è che di poliziotti come lui ne nascano sempre di più perché nessuna mafia può ammazzarli tutti".

Oggi noi, nel giorno dell'anniversario della sua morte, vogliamo ricordarlo attraverso queste testimonianze e ricordi di chi lo ha conosciuto e con lui ha condiviso ideali, lavoro e vita privata. "Era semplicemente uno che odiava i torti, detestava la mentalità della sopraffazione e quella del disprezzo per gli altri". Credo dice il fratello Emanuele "abbia visto nel lavoro di poliziotto la possibilità di vivere secondo questi, tutto sommato semplici, principi."

21/07/2008
(modificato il 14/11/2008)
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