Trapani: gestivano appalti per Messina Denaro, eseguite 11 misure cautelari

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Altro duro colpo al boss latitante Matteo Messina Denaro con l’operazione Ermes 2. Questa mattina sono state eseguite 11 misure cautelari di cui quattro arresti e sette obblighi di dimora e sequestrate tre imprese controllate da “cosa nostra” per condizionare gli appalti.

L’indagine ha confermato i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per la divisione degli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro. Le imprese sequestrate erano direttamente controllate dalle famiglie mafiose attraverso prestanome.Mediante queste imprese i clan si erano infiltrati nei lavori del parco eolico sorto a Mazara del Vallo e nei lavori di ristrutturazione dell’ospedale civile mazarese.

Nell’operazione che affonda le sue radici nell’inchiesta avviata nel 2010 e conclusa con l'operazione Errmes il cui obiettivo era e resta la cattura del capomafia,sono stati impegnati 70 uomini della Polizia di Trapani, Palermo, Mazara del Vallo e Castelvetrano.

La forza e la pericolosità del gruppo mafioso mazarese, emerso dalla presente indagine, è stata documentata da un’intercettazione tra due esponenti del clan in cui affermavano di potersi avvalere di uomini infedeli dello stato che gli confidavano segreti investigativi relativi agli interessi economici propri e del gruppo criminale.

Numerosi sono stati gli incontri monitorati dai poliziotti nel corso delle indagini, soprattutto all’interno dell’autolavaggio di uno degli arrestati, in cui discutevano dell’esecuzione di alcuni sub-appalti a Mazara del Vallo.

Con l’estromissione di una delle società del gruppo criminale dalla partecipazione agli appalti, a causa di un’interdittiva antimafia della prefettura di trapani, gli affiliati si organizzavano contro altre imprese interessate ai lavori, minacciandole e passando alle vie di fatto con attentati incendiari.

Inoltre, per aggirare la decisione prefettizia il clan decise di organizzare una nuova società coinvolgendo nell’operazione due dipendenti della vecchia impresa e un giornalista del quotidiano “Giornale di Sicilia”.

Ermes 2 ha evidenziato, ancora una volta, l’interesse delle famiglie mafiose per gli appalti il cui controllo passa o attraverso imprese gestite direttamente da affiliati, oppure attraverso imprese che vengono “fagocitate” da “cosa nostra” con l’immissione di capitali illeciti o ancora attraverso il metodo dell’intestazione fittizia di beni a persone insospettabili.

L’indagine, infine, ha confermato i saldi contatti tra il clan mazarese e quello di Castelvetrano e gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro al quale il capo clan si rivolgeva per dirimere le varie controversie che si presentavano.

20/12/2016
(modificato il 21/12/2016)