Audizione del Capo della Polizia sui fatti accaduti a Genova in occasione del vertice G8.

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Audizione del Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza innanzi al Comitato paritetico delle Commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato per l'indagine conoscitiva sui fatti accaduti a Genova in occasione del vertice G8.

Relazione

Sig. Presidente desidero ringraziarla, insieme con i vice-presidenti e tutti i componenti di questa commissione, per l'opportunità che mi viene concessa nella più alta sede istituzionale, di fornire elementi di informazione e di contribuire così alla comprensione di quanto è avvenuto a Genova in occasione del Vertice G8.

Per disporre però di una piena cognizione dei fatti occorre partire dalla complessità delle misure di sicurezza che si sono rese necessarie, complessità determinata, oltre che dall'importanza dell'evento e dalla concentrazione di un numero cospicuo di personalità ad alto rischio, anche dalla necessità di coniugare i pur collaudati sistemi di controllo e di vigilanza con le numerose e pressanti esigenze rappresentate da più soggetti, interessati a vario titolo al Vertice.

Con i Paesi membri del "Foro di cooperazione", ad esempio, è stato necessario tenere un costante confronto, che ha avuto anche momenti di vivacità dialettica e le cui conclusioni non hanno potuto fare a meno di privilegiare, ogni volta, le esigenze di sicurezza, pur nella doverosa attenzione alle problematiche prospettate.

D'altro canto, la valutazione del rischio, ponderata con grande attenzione e altrettanta misura dai responsabili della sicurezza, anche di fronte ad allarmi che venivano lanciati in sedi istituzionali ed extraistituzionali, ha richiesto, in alcune circostanze, qualche cortese, ma pur ferma messa a punto che ho espresso nel mio ruolo istituzionale di responsabile tecnico della sicurezza pubblica a livello centrale.

In ben quattro riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, dal 16 novembre 2000 al 24 maggio 2001, sono stati vagliati ed analizzati i rischi di carattere internazionale, le difficoltà logistiche per la sistemazione delle delegazioni, quelle non meno pressanti per la sistemazione dei rinforzi e, soprattutto, l'esigenza di garantire la sicurezza del G8, senza impedire la vivibilità delle aree cittadine interessate, e di quelle connesse all'individuazione di una o più aree decentrate dove poter autorizzare lo svolgimento delle preannunciate manifestazioni di dissenso.

Le esperienze dei vertici precedenti, come quelli di Seattle, Nizza e Goteborg, che non avevano consentito un normale svolgimento, ma anzi determinato in un caso l'impossibilità per le delegazioni di raggiungere il luogo dei lavori, oppure la prematura conclusione degli stessi o ancora lo spostamento notturno dei membri di alcune delegazioni, non potevano essere sottovalutate.

Non potevano essere lasciate inevase le preoccupazioni degli apparati di sicurezza o le connesse richieste dei governi stranieri che esigevano di prendere cognizione delle misure di sicurezza previste e chiedevano garanzia assoluta della loro tenuta di fronte a qualsiasi tipo di attacco, sia di natura terroristica che di contestazione, nei confronti dei capi di stato e di governo.

Tale era il clima ed il livello di allarme. La rilettura dei titoli delle testate giornalistiche italiane e straniere del periodo antecedente al Vertice è un utile riferimento.

L'impegno è stato massimo e finalizzato a conciliare le tre esigenze che il Governo ha inteso assicurare: lo svolgimento sereno del Vertice per i circa 8000 componenti delle delegazioni; la vivibilità della città con una limitazione dei disagi per i genovesi; la tutela del diritto di manifestare il dissenso nelle forme lecite e pacifiche, contestualmente allo svolgimento dei lavori e negli stessi luoghi.

Ricordo poi che, in relazione a quest'ultima istanza, sin dal novembre dello scorso anno l'autorità di governo aveva scelto la linea del confronto con le organizzazioni del dissenso improntata comunque ad una opzione favorevole allo svolgimento di manifestazioni ed iniziative di critica pacifica dell'evento internazionale.

Quella linea del confronto sui temi della contestazione si è poi fisiologicamente tradotta in una forma di successivo dialogo, che è durato sino a pochi giorni prima del Vertice. E' naturale quindi che per coniugare le esigenze di sicurezza con quelle di uno stragrande numero di manifestanti alcune scelte tecniche sono state rivisitate soprattutto per favorire il trasporto dei manifestanti, l'accoglienza e la sistemazione di quanti erano in arrivo a Genova.

In tale contesto ho personalmente partecipato a Genova, assieme alle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, ad incontri tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso per ben due volte, il 24 ed il 30 giugno. In entrambe le occasioni ho ascoltato le loro richieste, ho spiegato le esigenze generali di sicurezza, ho rinviato le soluzioni alle decisioni ultime delle autorità locali di pubblica sicurezza. Ho costantemente ribadito l'esclusiva competenza di queste ultime a stabilire le modalità di svolgimento delle manifestazioni, così come quella di impedire qualsiasi iniziativa non compatibile con l'ordinamento e con la tutela dei luoghi di svolgimento del Vertice e dei partecipanti alla sessione di lavoro.

Nello stesso quadro dialettico ed in piena sintonia con le valutazioni svolte anche dagli organismi centrali, sono poi maturate le decisioni finali del prefetto e del questore, ciascuno nella rispettiva competenza, sulla temporanea riapertura della stazione di Brignole a favore dei convogli straordinari dei manifestanti in arrivo e partenza da Genova e sulla individuazione dei luoghi delle manifestazioni sia di natura statica che dinamica fino alla decisione ultima, dettata da contingenti motivi di opportunità, di autorizzare un corteo, nella giornata del 20 luglio, in una zona di ponente della città, in precedenza esclusa alle manifestazioni.

A fronte di tale disponibilità istituzionale, devo tuttavia rilevare che nel corso degli incontri cui ho presenziato, come del resto - e mi è stato riferito - in tutte le altre occasioni, sono sempre state sfuggenti ed evasive le risposte sull'effettiva rappresentatività del Genoa Social Forum rispetto alla totalità dei manifestanti, così come imprecise sono state quelle sull'effettiva volontà di cooperare con le autorità di pubblica sicurezza per lo svolgimento pacifico delle manifestazioni. Traspariva talora una difficoltà a fornire un quadro di riferimento armonico ed unitario, talaltra una precisa determinazione a non rivelare appieno i propri programmi o intendimenti, troppo spesso dissimulati dietro un generico riferimento ad un indefinito concetto di "disobbedienza civile".

Mi sembra utile al contempo sottolineare come, di converso, quando si sono volute dare assicurazioni sull'esito assolutamente pacifico di talune manifestazioni esse si sono rivelate, alla realtà dei fatti, precise e consistenti.

Ho avuto anche modo di ribadire più volte che la disponibilità dell'autorità locale di pubblica sicurezza a valutare con ponderata attenzione le richieste di svolgimento dei cortei e delle altre manifestazioni non avrebbe mai dovuto essere intesa come tolleranza dell'illegalità e della violenza, così come ho sempre chiarito che non sarebbe mai stata permessa la violazione della zona di massima sicurezza e non solo perché in tal senso erano stati assunti precisi impegni in sede internazionale, anche in più riunioni presso il Ministero degli Esteri, ma anche e soprattutto perché precise responsabilità istituzionali lo imponevano in modo inderogabile.

In esito ad un impegno assunto davanti alla delegazione di rappresentanti del Genoa Social Forum, pur non rientrando nella mia competenza diretta, mi sono altresì adoperato a fianco del prefetto e del questore con gli amministratori locali affinché fossero individuate soluzioni per l'ospitalità dei manifestanti, compatibili con le generali esigenze di sicurezza.

La decisione della chiusura al traffico dei soli caselli autostradali sulla direttrice città-aeroporto nonché del traffico veicolare per le sole porzioni temporali coincidenti con gli spostamenti delle delegazioni; l'apertura della stazione di Brignole per l'afflusso e deflusso dei treni speciali provenienti da nord e da sud; la concessione da parte del Questore di un percorso di corteo nella zona di ponente, inizialmente ritenuto non praticabile, sono tutte dimostrazioni di quanto si sia fatto per concretizzare la convivenza di più esigenze legittime in un equilibrio reso ancor più delicato dall'orografia e dall'intreccio urbanistico del capoluogo ligure.

Si è voluto evitare anche che il singolo cittadino, in procinto di lasciare la città con la famiglia per il fine settimana o di effettuare il tradizionale pendolarismo da e verso il mare, potesse vedere limitato il proprio diritto alla mobilità od essere addirittura esposto a pericoli per la propria incolumità.

In ragione della complessità dell'evento e dell'impegno richiesto alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, specie sotto il profilo tecnico-operativo, è stato fornito costante e qualificato supporto al questore ed all'ufficio da lui diretto sin dalle prime fasi della preparazione dell'intero piano di sicurezza.

Anche a questo fine, in considerazione del collocamento a riposo del Prefetto Aldo Gianni, originariamente inserito nella struttura di missione predisposta dal Governo a supporto dell'azione organizzativa svolta a Genova, a succedergli nell'incarico veniva designato il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Ansoino Andreassi che ha potuto così continuare ad assicurare un qualificato punto di riferimento necessario per seguire un lavoro lungo, articolato ed in costante evoluzione in riferimento a quanto emergeva dai diversificati e più ampi tavoli di organizzazione generale che rispondevano al Ministero degli Esteri.

Nell'ambito delle iniziative di supporto all'azione del Questore ho delegato inoltre le figure più qualificate del Dipartimento a collaborare con l'autorità provinciale nell'organizzazione di specifiche misure di sicurezza: dalla zona rossa alle frontiere, dalla prevenzione antiterrorismo alla sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti su strada e su rotaia.

Una serie di interventi mirati, realizzati attraverso i direttori centrali competenti che non hanno mai inteso surrogare i compiti istituzionali del Questore, bensì potenziarne le capacità di proiezione operativa, anche laddove si fosse reso necessario un collegamento con organismi nazionali e internazionali, come nel settore ferroviario, della viabilità autostradale, aerea e delle telecomunicazioni.

E' stato così espresso il massimo sforzo raggiungibile da parte del dipartimento della pubblica sicurezza, nel cui contesto trova sede istituzionale anche l'attività di coordinamento delle forze di polizia, in base alle direttive dell'autorità di Governo.

L'impegno per la sicurezza del G8 è andato crescendo in corso d'opera poi dando luogo ad un'attività organizzativa senza precedenti.

Dirò a parte quanto si è fatto sul piano operativo e della prevenzione pura. Qui voglio documentare quanto realizzato sul piano tecnico e logistico:

§ innanzitutto si è provveduto al potenziamento delle postazioni e delle reti di telecomunicazioni di Genova e ad incrementare cospicuamente, con la collaborazione del gestore di rete, le dotazioni radiotelefoniche individuali dei diversi responsabili operativi, completando una lunga serie di interventi tecnico-logistici indispensabili per mettere le sale operative in condizioni di operare al meglio, con una spesa complessiva di oltre quindici miliardi di lire;
§ per rendere meno gravoso e più sicuro il lavoro degli operatori di polizia sono stati pressoché integralmente rinnovati i materiali di equipaggiamento. Per la sola Polizia di Stato sono state acquistate 6500 nuove tute per i servizi di ordine pubblico, ignifughe e provviste di protezioni antitrauma, circa 4000 nuove maschere antigas con filtri e 4500 set di protezione del corpo e delle gambe, per una complessiva somma di poco più di sei miliardi di lire;
§ si è provveduto, inoltre, a migliorare radicalmente le soluzioni alloggiative, con un impiego finale di ben 20 navi oltre al sistema logistico sulla terraferma e con un onere complessivo, per accasermamento, alloggiamento e vitto di oltre 77,5 miliardi di lire.

Tornando ora ad esaminare l'atteggiamento assunto dalle organizzazioni del dissenso, devo rilevare che anche le più moderate e pacifiste avevano dichiarato l'obiettivo di impedire o disturbare in qualunque modo lo svolgimento del Vertice. Dal momento in cui è stata ideata e poi resa nota la realizzazione della zona di massima sicurezza o "zona rossa" questo proposito si è trasformato nell'intento di "violare" i limiti fisici della stessa per mezzo di azioni asseritamente diversificate per intensità e modalità esecutive, a seconda dell'area di appartenenza.

A fronte di tali dichiarazioni, per assicurare un'area di interdizione intorno alla zona sensibile è stata concepita una seconda fascia, chiamata "zona gialla", che potesse fungere da cuscinetto tra l'area del Vertice ed il resto della città, nella quale, tra l'altro, interdire le manifestazioni che presentavano aspetti di incompatibilità con le misure a tutela dei lavori del G8.

Per dovere di informazione aggiungo che, su pressioni delle rappresentanze diplomatiche straniere, la Farnesina il 28 maggio aveva richiesto di creare un'ulteriore e più ampia fascia di sicurezza allo scopo di rendere sempre più agevole lo svolgimento dei lavori e lo spostamento delle folte delegazioni, non essendo ancora stati definiti tutti gli aspetti organizzativi sotto il profilo logistico.

L'esigenza di protezione fisica dell'area di massima sicurezza, con un perimetro di 8 chilometri e con 13 varchi di accesso, ha richiesto sforzi aggiuntivi notevoli anche per la necessità di contemperare la sicurezza della zona con il diritto dei circa 30mila cittadini residenti di accedervi e le misure adottate, in ogni caso, hanno dovuto tenere conto della presenza nella città di Capi di Stato e di Governo esteri e nazionali, oltre che di personalità di assoluto rilievo sulla scena internazionale.

Per quantificare lo sforzo necessario a tutelare una zona di scurezza così ampia che, come richiesto, proteggeva non solo gli spazi destinati ai lavori o all'alloggiamento delle delegazioni, ma anche alcune importanti strade cittadine come la via XX settembre, sede di importanti centri commerciali, basta ricordare che la zona protetta in occasione del vertice di Praga aveva un perimetro di appena due chilometri e quella di Quebec City non arrivava ai sei chilometri.

Tenuto altresì conto della consistenza numerica della popolazione residente nell'area protetta e della insistenza su quel territorio di una zona di per sé a rischio come i carrugi all'interno della "zona rossa" era stato predisposto un servizio di controllo nei giorni antecedenti ed in quelli dello svolgimento dei lavori del Vertice, coordinato dal direttore del Servizio Centrale Operativo e finalizzato ad individuare le possibili insidie a persone e/o cose, oltre che naturalmente alla popolazione residente.

Si è reso pertanto indispensabile un notevole impiego di qualificate risorse della polizia giudiziaria, proprio in ragione della specifica attività da svolgere, che è consistita soprattutto in perquisizioni, ispezioni e ricognizioni protrattesi per molti giorni, sia prima che dopo la recinzione dell'area.

E' stata proprio questa attività preventiva che ha consentito di garantirne un'elevata protezione. In particolare, sono state eseguite 92 perquisizioni domiciliari e 273 ispezioni di locali; sono state identificate 4073 persone, per accertarne la legittima permanenza nell'area di massima sicurezza; sono state arrestate 22 persone (di cui 7 cittadini italiani e 15 stranieri) e 38 persone sono state denunciate in stato di libertà (di cui 22 italiani e 16 stranieri). I reati contestati vanno dalla rapina aggravata alla detenzione di armi, dalla ricettazione alla detenzione di stupefacenti. Sono stati operati anche 27 sequestri di droga e di armi. Tutte attività specifiche di polizia giudiziaria insostenibili dalle sole risorse specialistiche della Questura e che richiedevano quindi qualificate risorse aggiuntive ed un adeguato coordinamento proprio del direttore dello SCO, inviato a Genova per tale specifico compito.

Ma è ingeneroso sostenere che gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza del Vertice, delle delegazioni e degli oltre cinquemila giornalisti accreditati, ma anche di una parte rilevante della città, abbia lasciato in qualche modo in secondo piano la sicurezza delle altre aree cittadine.

Voglio sottolineare, a questo proposito, che le 4100 unità impiegate a tutela della "zona rossa" hanno operato in turni articolati nelle 24 ore, per cui i contingenti operativi erano in realtà dimensionati attorno alle 1000 unità per turno; viceversa, nel resto della città, le 6800 unità di servizio sono state impiegate ad integrale copertura di tutte le esigenze di ordine e sicurezza pubblica per l'intera durata delle manifestazioni.

Aggiungo che un impegno assolutamente straordinario è stato dispiegato, fin dall'anno scorso, a fini di prevenzione generale, sollecitando l'azione informativa e di prevenzione delle DIGOS e chiedendo la collaborazione dei competenti uffici degli organi di Polizia dei paesi amici.

Sul piano delle iniziative di carattere informativo e investigativo all'interno del territorio nazionale sono state svolte attività di polizia giudiziaria con uno straordinario investimento di risorse a disposizione di numerose Procure della Repubblica che hanno avviato indagini ad ampio spettro con ogni mezzo consentito dall'ordinamento: intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni ed altro, a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, quali alcuni centri sociali, che si erano distinte nell'annunciare attività di carattere violento contro il G8.

Al riguardo si sottolinea che tra il 16 ed il 17 luglio scorso, ad immediato ridosso delle manifestazioni di Genova, sono stati contestualmente perquisiti i centri sociali di ispirazione anarco-autonoma più oltranzisti, tra i quali l'Askatasuna e l'Alcova di Torino, il Pinelli di Genova, il Gramigna di Padova, lo Stella Nera per la Rivolta di Firenze e il T.N.T. - Territori Non Tracciati di Napoli.

Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati centinaia di oggetti atti ad offendere: bastoni, spranghe, fionde, caschi, biglie, tondini di ferro, materiale infiammabile, grossi petardi, stupefacenti, armi improprie, munizionamento da guerra, pistole lanciarazzi e bottiglie vuote, per il cui possesso sono state deferite all'autorità giudiziaria diverse decine di militanti dell'ultrasinistra identificati nel contesto delle attività di polizia giudiziaria.

E' noto, peraltro, che gran parte delle armi improprie utilizzate a Genova sono state reperite nella stessa città.

Di questa complessa attività, svolta su gran parte del territorio nazionale, il Direttore Centrale della Prevenzione, Prefetto La Barbera, ed il suo ufficio sono stati l'indispensabile punto di riferimento unitario.

Non conosco ovviamente l'andamento delle attività investigative in atto, ma sono fiducioso che l'ingente sforzo espresso dalle strutture di polizia giudiziaria su uno scenario così ampio e per un tempo così lungo produrrà positivi risultati.

Sul fronte esterno, è stata attivata ogni forma di cooperazione con gli organi di polizia dei Paesi amici che potesse incrementare il patrimonio informativo delle forze di polizia nazionali.

Sono state svolte più riunioni con gli ufficiali di collegamento esteri presenti in Italia, sia dei Paesi G8 che di altri partner comunitari ed extracomunitari, al fine di potenziare ed adattare gli esistenti canali di scambio informativo alle specifiche esigenze di sicurezza e di prevenzione.

Il coordinamento di tali iniziative era stato peraltro fin dall'inizio affidato al Prefetto La Barbera, che aveva direttamente svolto l'attività necessaria a garantirlo recandosi di persona ad incontrare i suoi omologhi all'estero, scambiando con loro dati ed informazioni, presiedendo in Italia le relative riunioni sia di carattere nazionale che internazionale.

Obbiettivi fondamentali erano quelli di acquisire e analizzare tutte le informazioni concernenti possibili minacce, sia di tipo terroristico che attinenti alla tutela dell'ordine pubblico; tentare di individuare per tempo le frange violente e porre in essere le attività volte a neutralizzarle tempestivamente; curare la massima e continua collaborazione con gli organi collaterali esteri, anche durante i lavori del G8.

L'attività di "intelligence" ha consentito di suddividere i potenziali manifestanti in diversi gruppi, individuati in base alle proprie caratteristiche ideologiche e comportamentali e di incentrare l'attenzione sul gruppo più pericoloso, il "blocco nero", valutato in circa 500 italiani e 2000 stranieri, perlopiù tedeschi, spagnoli, greci, inglesi e statunitensi, sui quali si è concentrata l'azione informativa, nel tentativo di realizzare un filtro alla frontiera.

Per quanto riguarda i gruppi violenti stranieri occorre ammettere che i risultati dell'attività preventiva sono stati inferiori alle aspettative, sia per le oggettive difficoltà incontrate dagli organi di polizia esteri nell'attività di penetrazione informativa, trattandosi, il più delle volte, di gruppi che denotano la mancanza di organizzazione strutturale, ma spiccate capacità di aggregarsi solo episodicamente, sia per esigenze, più volte invocate, di rispetto delle legislazioni nazionali in materia di tutela della "privacy".

Ciò nondimeno, focalizzando l'attenzione anche solo sui nominativi conosciuti per precedenti episodi di violenza nel corso di vertici internazionali si è potuto confezionare un elenco temporaneo di 1.439 nominativi, utilizzato ai fini di prevenzione indicati in precedenza.

Come è noto l'attività di prevenzione si è infatti estesa al ripristino dei controlli di frontiera ai sensi della convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, per mezzo di uno specifico piano disposto dall'autorità di Governo e notificato ai paesi partner, con decorrenza dalla mezzanotte del 13 luglio 2001 sino alla mezzanotte del 21.

L'intervento ha comportato la riattivazione di 46 valichi di frontiera dismessi in occasione dell'entrata in vigore degli accordi di Schengen; il rinforzo di 59 uffici della polizia di frontiera e dei valichi, con l'impiego complessivo di 1217 operatori della Polizia di Stato e 264 Carabinieri.

Di fatto, il sistema così realizzato - individuazione degli stranieri "violenti" e riattivazione dei controlli frontalieri - ha consentito di effettuare oltre 140.000 controlli, di respingere alla frontiera più di 2000 persone, e di sequestrare armi, droga e materiale atto ad offendere, fra cui bottiglie "molotov", coltelli, bastoni di legno e metallo e addirittura 10 scatole di manette.

Particolare menzione merita il respingimento di circa 150 cittadini greci nel porto di Ancona che, secondo segnalazioni degli organi di informazione, risultavano essere aderenti a movimenti anarchici, con il sospetto che tra di essi fossero presenti soggetti particolarmente pericolosi.

L'analisi delle turbative verificatesi in altri Paesi, interessati dai disordini in occasione di altri vertici internazionali, ha inoltre comportato la costituzione di una struttura per la prevenzione di azioni di disturbo ai sistemi di comunicazione telefonica, telematica e televisiva.

Nel dettaglio, sono stati attivati servizi per la prevenzione delle interferenze ai 132 ripetitori televisivi liguri; di presidio alle comunicazioni telefoniche del vertice, con assistenza al gestore presso i nodi di comunicazione; di prevenzione e contrasto delle interferenze e dei disturbi alle comunicazioni, utilizzando con grande dispiego di forze il personale specializzato del Ministero delle Comunicazioni che ha messo a disposizione della polizia 9 radiogoniometri, 6 rilevatori portatili e personale altamente qualificato del centro nazionale controllo emissioni radio elettriche dello stesso ministero; nonché servizi di monitoraggio della rete con diretti accessi ai file presso i provider che, di volta in volta, sono stati autorizzati dall'autorità giudiziaria.

Nei giorni del Vertice, infine, è stata costituita presso la Questura una sala operativa internazionale di Polizia, in modo da assicurare la costante collaborazione di funzionari degli organi di polizia esteri con le autorità italiane.

Questo in sintesi il quadro di riferimento dell'azione organizzativa e di prevenzione in preparazione del Vertice.

Passando ora ad analizzare i disordini di Genova non si può non premettere che essi necessitano di una lettura più ampia ed articolata di quella della mera metodologia di gestione dell'ordine pubblico. Appare infatti assai verosimile che gli stessi segnino l'ulteriore affermazione e l'espansione sulla scena internazionale di un nuovo "soggetto".

Un "soggetto" composito che, come si è visto a Genova in forme più evidenti e come era emerso anche nei precedenti incontri internazionali, tenta di far coesistere l'anima genuina e pacifista con alcune componenti di tipo estremista ed altre di tipo eversivo.

A Genova, in particolare, ad una situazione di per sé già complessa si è aggiunta, da un lato, una dichiarata volontà di alcuni gruppi di "impedire" il Vertice e, dall'altro, un'azione particolarmente violenta, di "professionisti della guerriglia".

Tutto ciò fa apparire in modo sufficientemente chiaro che i disordini di Genova non possono essere attribuiti soltanto all'azione del "black bloc", a prevalente connotazione anarco-insurrezionalista, ma vedono direttamente coinvolto un elevato numero di manifestanti pronti ad uno scontro con le forze dell'ordine.

Emblematico a tal fine è stato il massiccio attacco alla "zona rossa" portato il giorno 20 luglio che ha visto come primo protagonista un forte gruppo di anarco-insurrezionalisti a fianco però di altri spezzoni del movimento.

I primi infatti nel momento più drammatico hanno potuto giovarsi della massa d'urto di un affollato corteo non autorizzato e visibilmente già predisposto ad affrontare i reparti di polizia per raggiungere l'obiettivo finale e dichiarato di violare l'area protetta.

Di converso lo stesso pomeriggio del giorno 20 luglio, mentre erano già in atto molteplici azioni di guerriglia urbana nella zona di levante, si è tranquillamente svolto a ponente il corteo della CUB con migliaia di partecipanti così come era stato preventivamente assicurato dagli organizzatori che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a fare ricorso alla violenza.

Lo stesso può dirsi per il corteo dei "Migrantes" del precedente giorno 19 luglio che ha visto la presenza di qualche decina di migliaia di persone e che ha avuto come unico momento di turbativa l'aggressione ad un funzionario della DIGOS di Genova presente sul posto per motivi di servizio.

Gli esempi citati evidenziano in modo chiaro ed inequivocabile come al comportamento responsabile degli organizzatori di alcune manifestazioni ha sempre corrisposto un atteggiamento altrettanto comprensivo da parte delle autorità di pubblica sicurezza giunto fino al limite di consentire un corteo in un'area della città preventivamente interdetta e di autorizzare la partenza dell'altro da un punto praticamente a ridosso della zona protetta.

Così è stato anche nella concessione ai gruppi pacifisti che ne avevano fatto richiesta di piazze a ridosso della "zona rossa" dove esprimere in forma statica il loro dissenso.

Diverso e carico di conseguenze è stato invece lo svolgimento dei cortei non autorizzati che avevano per obiettivo, come si è detto, il raggiungimento delle protezioni alla zona rossa e il loro sfondamento.

Non dimentichiamo poi che sin dalla mattinata del giorno 20, contemporaneamente ed in più punti della zona di levante, sono state inscenate azioni fortemente violente, di distruzione generalizzata ed indistinta, tese solo a portare oltraggio alla città ed alle forze dell'ordine.

Le azioni di questi gruppi di violenti hanno ricreato un clima che sembrava essere completamente scomparso dalle piazze e dalle strade italiane ormai da molti anni, si sono riviste scene di guerriglia urbana ed un'esposizione delle forze dell'ordine ad attacchi di gravità inusitata, suscettibili di valutazioni sotto il profilo penale.

Ed è per questo che la polizia giudiziaria sta svolgendo un'attività investigativa, sotto la direzione del magistrato competente, che consiste tra l'altro in un approfondito esame di tutto il materiale documentativo raccolto al fine di identificare coloro che si sono resi responsabili di violenze

Sulla scorta di quanto accaduto nelle prime ore dei disordini e nel prosieguo degli scontri causati appunto da appartenenti o simpatizzanti del c.d. "black block" appare opportuno effettuare alcune riflessioni.

Esiste una oggettiva difficoltà ad individuare preventivamente questi soggetti. Come dianzi detto, essi sono soliti spostarsi in forma anonima, comparire con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza, non sempre hanno una sede, non si incontrano abitualmente, ma si raccolgono da tutto il mondo solo in occasione di eventi significativi con una conoscenza perfetta oltre che del territorio anche delle tecniche di aggressione (basti ricordare le immagini in cui si vedeva la loro dimestichezza con il confezionamento all'impronta delle bottiglie incendiarie), favorita da una sorta di appoggio di altre frange di manifestanti all'apparenza meno oltranziste.

Il loro contrasto sul terreno, poi, è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche tecniche di guerriglia che non possono essere fronteggiate agevolmente con i reparti ordinariamente impiegati nei servizi di ordine pubblico.

Si ricorderà che analoghe tecniche, operate in piccoli gruppi estremamente mobili, spesso lontano dalle aree interessate alle manifestazioni di massa, hanno contraddistinto un po' la storia delle violenze di piazza degli anni '70 e si ricorderà anche come solo attraverso meticolose indagini è stato possibile individuarne gli autori e metterli a disposizione della Giustizia.

L'azione di contrasto, scaturita proprio da questa violenza e non viceversa, come è stato detto da taluno, è stata affidata alle nostre forze di polizia che hanno una lunga tradizione di gestione dell'ordine pubblico, nelle più svariate estrinsecazioni dei conflitti sociali, ma che da anni non erano più chiamate a confronti così prolungati nel tempo e di tale virulenza.

Che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza fosse comunque attento alle problematiche connesse all'impiego della forza pubblica si evidenzia da una specifica circolare del febbraio di quest'anno con la quale ho richiamato l'attenzione dei Questori sul corretto impiego degli strumenti di coazione fisica nel corso di servizi di ordine pubblico e sulla necessità di una attenta pianificazione degli stessi ecc.

Dal mese di marzo ho invece avviato un accurato piano di formazione ed aggiornamento delle risorse destinate all'ordine pubblico, non solo sotto il profilo meramente tecnico, ma anche sotto quello psicofisico e comportamentale. Per lo specifico evento del G8, come si ricorderà, è stato prodotto e distribuito a tutto il personale un vademecum che insieme a indicazioni di carattere organizzativo invita, tra l'altro, gli operatori di polizia ad attenersi a regole di condotta prudenti e misurate ed alla piena osservanza delle disposizioni dei servizi.

Le raccomandazioni che ho più volte indirizzato ai dirigenti dei servizi di ordine pubblico di indossare la sciarpa tricolore, infine, hanno voluto richiamare l'attenzione anche dei funzionari sulle loro responsabilità istituzionali.

Come diffusamente documentato dai media, cui va il sincero apprezzamento per la funzione di informazione svolta, è verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi hanno in alcuni casi determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti di singoli, che saranno rigorosamente perseguiti.

Un incarico ispettivo è stato affidato a tre alti dirigenti dell'amministrazione che hanno fornito i primi elementi di conoscenza, ma che, visibilmente richiedono ancora ulteriori accertamenti prima di trarre definitive conclusioni anche in considerazione di una contestuale iniziativa dell'autorità giudiziaria che potrà meglio pervenire all'individuazione di eventuali responsabilità dei singoli.

L'attività degli ispettori riguarda i comportamenti censurabili di singoli operatori impegnati nei servizi di ordine pubblico, la perquisizione all'interno della scuola "Diaz", dove erano stati registrati episodi di violenza, così come gli illeciti denunciati in danno delle persone arrestate e trasferite nella caserma di Bolzaneto.

Al termine non si avrà alcuna reticenza a valutarne i risultati, ad adottare i provvedimenti correttivi necessari, anche di natura disciplinare, come non si è mancato di fornire all'autorità giudiziaria ogni necessaria e convinta collaborazione per il migliore e più spedito esito delle indagini.

E' un'azione diretta anche a rinsaldare il legame tra i cittadini e le istituzioni della sicurezza e ad esaltare quelle qualità di abnegazione, di professionalità, di senso del dovere a difesa dello Stato democratico, che costituiscono il patrimonio più vero e prezioso delle forze di polizia.

Roma, 8 agosto 2001

17/11/2007
(modificato il 13/01/2014)
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