Misteri archeologici

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I vasi di Metaponto

La prima collaborazione della Scientifica nel campo dell'archeologia risale al 1996. Il museo archeologico di Metaponto ha chiesto la consulenza dei detective per analizzare le impronte impresse su alcuni reperti rinvenuti durante una campagna di scavi che ha riportato alla luce un antico deposito di vasellame risalente al periodo della Magna Grecia.

Le immagini relative ai reperti, acquisite con una fotocamera digitale, sono state elaborate attraverso tecniche di analisi computerizzata per rendere il più possibile leggibili le impronte impresse. Le indagini, che miravano ad accertare se i vasi di terracotta erano stati realizzati dalla stessa mano, hanno così condotto all'individuazione di quattro diversi artigiani che operavano nell'officina dove veniva prodotto il vasellame.

I reperti di Castelnuovo di Garfagnana

Nel 1998 la Scientifica ha confermato al museo archeologico di Castelnuovo Garfagnana (LU) la presenza di impronte impresse su un residuo di argilla fossile aderente ad una scheggia di selce, risalente alla fine del Paleolitico Superiore.

La fonte di Anna Perenna

Nel 2000 gli investigatori hanno collaborato con la Soprintendenza archeologica di Roma, in seguito al rinvenimento di alcuni contenitori di piombo all'interno della fonte dedicata alla dea "Anna Perenna". Sono stati ritrovati tre cilindri, chiusi uno dentro l'altro. Il più piccolo era sigillato con del materiale su cui erano impressi frammenti di impronte papillari, individuate dall'esame della polizia.

Le Cretule di Hagia Triada

Sempre nel 2000 la Soprintendenza speciale al Museo nazionale preistorico ed etnografico "Pigorini" di Roma ha chiesto di esaminare trenta cretule rinvenute nel corso degli scavi della Villa Reale di Haghia Triada, sull'isola di Creta. Gli accertamenti hanno consentito di evidenziare che su otto delle trenta cretule erano impressi frammenti di impronte papillari che hanno consentito un confronto dattiloscopico. Tre delle otto impronte rilevate sui manufatti sono state dichiarate riconducibili allo stesso artigiano, perchè le creste riproducevano lo stesso andamento e recavano i medesimi punti caratteristici.

La Lupa Capitolina

I detective della Scientifica sono riusciti a chiarire molti aspetti relativi alle tecniche di fabbricazione della Lupa Capitolina. Una microtelecamera inserita sotto il ventre dell'animale ha rivelato che il metodo adoperato per la realizzazione del modello originario di argilla, che risulta ancora in parte conservato, è quello definito "a lastre". Sopra un nucleo di partenza di forma cilindrica, sono stati cioè sovrapposti strati di argilla plasmati a mano, sempre più sottili.
Su quattro campioni di terra prelevati dalle pareti interne della Lupa inoltre, esperti dattiloscopisti hanno trovato segni riferibili alle impronte digitali del modellatore della figura, probabilmente il maestro o uno degli allievi appartenenti alla scuola di Vulca.

La mummia di Harwa

Che volto aveva la mummia custodita nel Museo Egizio di Torino, risalente a circa tremila anni fa? Lo hanno scoperto gli investigatori della Scientifica, in collaborazione con gli antropologi e i radiologi dell'ospedale "Le Molinette" di Torino, che sono riusciti a riprodurre i lineamenti di un uomo dell'antico Egitto. Il reperto della mummia è stato "sbendato" virtualmente attraverso la tac. Le immagini ottenute sono state poi acquisite attraverso scanner tridimensionali ed utilizzate per realizzare un modello di resina che ha consentito la ricostruzione del volto e della testa della mummia egizia.

La ricostruzione di epistolari censurati

La censura ha cercato di cancellare per sempre le lettere che i partigiani scrivevano dal carcere alla vigilia della seconda guerra mondiale, ma la Scientifica le ha rese di nuovo leggibili.

Grazie a particolari tecniche ottiche che sfruttano le radiazioni infrarosse ed ultraviolette, sono stati ricostruiti integralmente i testi di tre lettere scritte da Vittorio Foa tra il 1935 e il 1943. I metodi impiegati hanno permesso di evidenziare le tracce degli inchiostri blu e marroni della scrittura originaria, che risultava coperta dalla patina di inchiostro nero utilizzato della censura.

Sono state riportate alla luce anche tredici lettere scritte da Ernesto Rossi nel periodo tra il 1930 e il 1939. In questo caso la tecnica ottica impiegata in precedenza si è rivelata inefficace per evidenziare l'inchiostro abraso o cancellato dalla scrittura sovrapposta della censura. I migliori risultati sono stati ottenuti operando in parallelo: un operatore esaminava al computer le lettere scannerizzate tramite programmi di manipolazione di immagini, mentre un altro osservava la lettera originale al microscopio stereoscopico a luce incidente o radente.

Attualmente la Scientifica sta collaborando anche per ricostruire la corrispondenza di Giulio Turchi, un altro esponente politico incarcerato dal 1925 al 1943.

17/11/2007
(modificato il 22/02/2008)
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