Fiamme oro e legalità: pugni e calci ma solo in palestra

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Brindisi, Caserta, Termini Imerese e poi Palermo, Napoli, Marcianise, Livorno e tanti altri. Sono i nomi di città grandi e piccole che hanno un presidio di legalità molto speciale, un avamposto di cultura e regole di vita.

Sono i centri giovanili delle Fiamme oro dove, spesso tra mille difficoltà legate al contesto sociale, gli atleti e gli allenatori del gruppo sportivo della Polizia di Stato, cercano di coltivare il seme dei valori positivi nei giovani e nei giovanissimi attraverso lo sport.

Bullismo droga e criminalità vengono combattuti non solo con l’attività di polizia vera e propria ma anche con la promozione di riferimenti culturali e sociali alternativi grazie allo sport.

Il pugilato a Marcianise come la lotta a Termini Imerese o il taekwondo a Brindisi, non sono solo attività sportive che tengono impegnati i ragazzi ma sono, spesso, gli unici strumenti attraverso i quali i giovani vengono guidati nel percorso di crescita e di integrazione sociale.
Lo sport diventa strumento di riscatto da ambienti degradati, famiglie a volte assenti e aree geografiche economicamente depresse.

Ma la promozione dello sport giovanile per la Polizia di Stato è soprattutto un investimento per il futuro: le regole dello sport sono regole per la vita le leggi che governano una competizione sportiva abituano i giovani a perdere o vincere ma sempre rispettando se stessi e gli avversari senza prevaricare o scegliere scorciatoie illegali.

Ed è per questo che le 23 sezioni giovanili, sparse in tutta Italia sono destinate a crescere ulteriormente incrementando quel bacino degli attuali 2 mila giovani atleti che frequentano i nostri impianti.

E che questo sistema funzioni sono i fatti a dimostrarlo non basta citare le tantissime medaglie olimpiche e paralimpiche ma sono gli stessi atleti delle Fiamme oro ad essere testimonial dei valori che portano dentro di sé.

Tutti ricordano il silenzio di Roberto Cammarelle il pugile delle Fiamme oro che, nella finale olimpica di Londra 2012, fu privato ingiustamente della medaglia d’oro e che non ha mai proferito una parola di recriminazione sul verdetto degli arbitri.

Non tutti invece conoscono la storia di Marco Fichera, lo schermitore del gruppo sportivo della Polizia di Stato che, in una gara di Coppa del mondo, segnalò alla giuria una errata assegnazione di una sua stoccata all’avversario, perdendo poi il match ma non la dignità e la reputazione di grandissimo sportivo.

Proprio a Fichera, in questi giorni, è stato consegnato a Parigi dalla Federazione internazionale di scherma, il premio “Fair play 2018” per questo grande gesto di correttezza e spirito sportivo.

Ma l’impegno dei nostri atleti, per la diffusione di valori positivi, è quotidiano; le nostre Fiamme oro prestano il volto e le proprie storie personali come testimonial per campagne di utilità sociale.

Stefano Pantano, ad esempio, allenatore dei nostri schermitori, è da tempo legato a Special olympics un’organizzazione che si prefigge, attraverso lo sport, di difendere i diritti delle persone con disabilità intellettiva; oppure la fiorettista paralimpica Bebe Vio che ha raccontato ai ragazzi, di esser stata bullizzata e minacciata sui social e di come è riuscita a reagire sconfiggendo gli hater che l’avevano presa di mira.

15/12/2018
(modificato il 21/12/2018)