Terremoto: i poliziotti raccontano la tragedia (1^ parte)

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Poliziotti del reparto mobile tra le macerieIn viaggio verso L'Aquila

È sui viadotti dell'autostrada che porta a L'Aquila che si riscopre il senso più autentico dello Stato. Immagini che alleviano il dolore che le televisioni stanno trasmettendo ormai da 36 ore. All'alba - tra le nebbie che circondano la campagna laziale - una fila interminabile di mezzi di soccorso. Dai finestrini si intravedono i segni della solidarietà che gli italiani di tutte le regioni stanno portando agli abruzzesi il senso dello Stato appunto: scatole di pasta, confezioni di bottiglie di acqua, indumenti coperte e poi verricelli, pale, picconi, tutti ordinati sui mezzi e poi la propria energia, la propria esperienza, la propria professionalità. Apre questa colonna l'immancabile macchina della polizia stradale; i lampeggianti accesi illuminano di blu le gallerie. Superata la colonna si arriva a l'Aquila e subito i mezzi pesanti della protezione civile e dei vigili del fuoco rallentano il traffico. Lunghe colonne si muovono verso i centri più colpiti; nomi sino a ieri sconosciuti: Paganica, Onna, Tempera oggi sinonimo di un cumulo di macerie.

La questura in una tenda

La questura non è più agibile, ma la funzionalità della struttura è assicurata. Nel piccolo piazzale i poliziotti hanno allestito una tenda: computer e telefoni sono allineati su due tavolacci posti l'uno di fronte all'altro; occhi nervosi ma movimenti rapidi, concentrati. Informazioni arrivano da tutta la provincia: voci incontrollate di altre scosse scatenano il panico che a fatica viene contenuto dagli agenti che con ogni mezzo cercano di assicurare la presenza su tutto il territorio. Alcuni non hanno più una casa dove andare a dormire, ma ora c'è altro a cui pensare.

Le chiavi di Mario

Con Rosario e Claudio i ragazzi della "Doppia-Roma 70", il fuoristrada del Reparto mobile di Roma, percorriamo le vie del centro della città; improvvisamente alle 9 e mezza in via Strinella un'anziana, l'ottantenne Maria, blocca la piccola colonna: "mio marito - dice agli agenti in uniforme - si è chiuso in casa e non vuole più scendere". Il terremoto ha reso pericolante tutto lo stabile e lo sciame sismico non promette nulla di buono. Saliamo i 4 piani di corsa e troviamo Mario sulla porta: lo sguardo smarrito, sorpreso di tanta attenzione: poliziotti in divisa e in borghese che gli chiedono affannosamente perché non vuole uscire. Sorride con le due piccole borse in mano e candidamente dice " non trovo più le chiavi". Scatta immediatamente una "perquisizione" molto particolare: tra i calcinacci della cucina e l'intonaco sparso sul pavimento della camera da letto le chiavi non si trovano. La casa ordinata e pulita non sembra nascondere nulla; poi Giovanni, attempato ispettore, decide che il problema si risolverà con una perquisizione personale. Delicatamente Mario viene "perquisito", quasi accarezzato e infine le chiavi vengono trovate dentro una delle 20 tasche del giaccone ipertecnico indossato da Mario. Contento si avvia lungo le scale. Claudio che lo ha preceduto rassicura Maria la sua compagna di sempre e alla sua vista si scioglie in lacrime e imbarazzanti abbracci per i burberi uomini del reparto.

Via Sturzo: segni di una vita che non c'è più

L'itinerario del dolore continua in via Luigi Sturzo, non distante dalla casa dello studente, che da qui appare solo un cumulo di macerie franate lungo la collina. Un peluche, appoggiato sul cofano di una macchina, è l'ultimo segnale di una vita che non c'è più: pochi metri più avanti trenta vigili del fuoco - insieme a poliziotti e agenti della polizia forestale - stanno scavando con l'aiuto di un caterpillar sperando di trovare persone ancora in vita.

In quel punto sono già state recuperate le salme di una madre e delle sue 4 figlie. Poco distante Antonio, assistente capo della questura di Ancona aggregato per la vigilanza contro gli sciacalli, guarda attonito la pala meccanica che si muove ritmicamente. Riesce solo a sussurrare "anche io ho una famiglia numerosa… è orribile". Qualche metro più in la, sul cofano di una Opel deformata, le foto di una famiglia felice: un battesimo, una bambina che celebra la sua prima comunione, una classe di ragazzi in vacanza e, poi, separate istantanee di un altro secolo: scatti in bianco e nero di gruppi in posa. Anche i soccorritori - quando si fermano a turno per riprendere il fiato - le fissano senza toccarle: pensano alle proprie istantanee che conservano nei loro cassetti così simili a quelle ricoperte di polvere su quel cofano.

Peter Pan: cane poliziotto alla ricerca dei vivi

Riprendiamo il cammino, con i ragazzi della "Doppia-Roma 70", attraversiamo le macerie, tutte uguali, di Paganica fino a Onna: una grande vallata circondata da una corona di montagne innevate. Oggi il tempo è stato clemente e in questo piccolo centro, distrutto dal terremoto, si scava e si ricerca ancora tra le macerie a ritmi serratissimi. I poliziotti dei Reparti mobili girano casa per casa alla ricerca di armi e alla fine della giornata il villaggio fantasma - composto un tempo da orgogliosi cacciatori - restituisce 50 fucili e due pistole. Ma un border collie richiama l'attenzione: si chiama Peter Pan ed è uno dei cani del gruppo cinofili della Polizia arrivati da Nettuno, specializzato nella ricerca e nel soccorso. Il suo conduttore Luisa "Trilly" - per i suoi colleghi - lo guida sulle macerie. Peter Pan sembra aver annusato una traccia, si agita ma non abbaia: il segnale che qualcuno è ancora vivo purtroppo non arriva e Luisa si sposta in un altro punto triste. Ci dice che "se c'è ancora qualcuno in vita il mio Peter Pan di certo lo troverà".

07/04/2009
(modificato il 08/04/2009)