Messina: arrestato mandante di un omicidio di mafia avvenuto nel 2001

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operazione di poliziaAveva commesso uno sgarro imperdonabile: aveva chiesto il pizzo a ditte impegnate in lavori nel territorio ai confini tra le province palermitana e messinese, controllato dai fedelissimi di Bernardo Provenzano. Per questo Francesco Costanza era stato ucciso nel settembre del 2001 e dopo 20 la vicenda si conclude con l’arresto del mandante dell’omicidio, da parte dei poliziotti della Squadra mobile di Messina.

L’arrestato, 58enne, è considerato un elemento di spicco di Cosa nostra, del mandamento di San Mauro Castelverde-Gangi.

Costanza aveva 48 anni quando fu trovato morto in contrada Cartolari di Acquedolci, colpito da diversi colpi di arma da fuoco esplosi con una pistola cal. 7,65 e poi finito con alcuni colpi di pietra in testa.

A dare una svolta alle indagini, le recenti dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, attualmente detenuto, esponente della famiglia mafiosa “dei batanesi”, riconducibile a Cosa nostra, operante principalmente sull’estremo versante tirrenico della provincia di Messina.

Il collaboratore si è accusato dell’omicidio commesso insieme ad un complice, poi ucciso nel 2010 nelle campagne di Centuripe con diversi colpi di fucile, uno dei quali esploso ai genitali.

Costanza fu ucciso perché, anche dopo varie intimazioni, aveva continuato a estorcere denaro a ditte impegnate in lavori nel comprensorio territoriale gestito dall’imprenditore Michele Aiello di Bagheria, ritenuto vicinissimo al capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano.

Confrontando le dichiarazioni dell’attuale collaboratore con quelle rese 20 anni fa da un altro collaboratore di giustizia, nonché con quelle rese da uno dei rappresentanti della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, i poliziotti della Squadra mobile di Messina sono arrivati all’arresto odierno.

I collaboratori hanno riferito dell’incontro al termine del quale fu decisa l’eliminazione di Costanza, svoltosi qualche settimana prima dell’omicidio in un casolare abbandonato nelle campagne di Tusa.

Alla riunione presero parte elementi di assoluto rilievo delle famiglie mafiose operanti nella zona posta a confine tra le province di Palermo e Messina. Furono chieste a Costanza spiegazioni sia in merito a somme di denaro da lui trattenute nonostante fossero destinate a compagini mafiose palermitane, che alla richiesta del “pizzo” a ditte già “protette” dalle stesse.

Donatella Fioroni

19/01/2021